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Cyberbullismo, Terre des Hommes: “Istituzioni e piattaforme devono tutelare di più”


Vergogna, imbarazzo, isolamento, ansia, depressione e persino tentativi di suicidio: sono le conseguenze di un fenomeno purtroppo molto presente nelle vite di giovanissime e giovanissimi, il cyberbullismo. Per comprenderlo meglio e scoprire come arginare il problema abbiamo contattato Federica Giannotta, responsabile dell’Advocacy per Terre des Hommes, realtà che da anni si occupa di questo tema e che ha di recente pubblicato gli inquietanti risultati del suo Osservatorio Indifesa: 1 adolescente su 2 ha subito o subisce bullismo e cyberbullismo.

Come proteggere i più giovani utenti della rete? Terre des Hommes pensa che istituzioni e piattaforme di social media possano fare molto di più.

 

Cosa si intende quando si parla di cyberbullismo, quali tipologie di azioni?


Secondo le definizioni date dal Ministero dell’Istruzione, il cyberbullismo può essere definito un insieme di azioni aggressive e intenzionali, di una singola persona o di un gruppo, realizzate mediante strumenti elettronici (SMS, MMS, foto, video, email, chat rooms, instant messaging, siti web, telefonate), il cui obiettivo è quello di provocare danni ad un coetaneo incapace di difendersi.

Con la tecnologia, le dinamiche tipiche del bullismo si trasferiscono nel modo digitale, che però ha la caratteristica di far diventare tutto potenzialmente virale, per cui le conseguenze per chi subisce cyberbullismo sono spesso acuite.

 

Chi sono i cyberbulli?

Dai dati della piattaforma ELISA e del Ministero dell’Istruzione risulta che nell’anno scolastico 2020/2021 il 7% di studenti e studentesse ha preso parte attivamente a episodi di cyberbullismo (6,1% in modo occasionale e 0,9% in modo sistematico).

I cyberbulli, proprio come i bulli, sono ragazzi, o ragazze, spesso coetanei delle vittime. Non c’è dubbio che la loro condotta negativa debba essere adeguatamente punita, ma bisogna anche tenere presente che il bullismo o cyberbullismo rappresentano una manifestazione di disagio da parte di chi li commette. Occorre quindi individuare i responsabili e indurli ad un confronto affinché non continuino a fare del male.


Secondo il vostro report, la pandemia ha peggiorato il senso di isolamento e di solitudine vissuto da ragazze e ragazzi, anche oggi che le restrizioni sono finite e tutto sembra tornato più o meno alla normalità. In che modo quello che abbiamo vissuto nel 2020-21 ha cambiato la relazione di ragazze e ragazzi con la rete e tra di loro?

Confermo, l’Osservatorio Indifesa da tre anni, rileva come aumenti il senso di solitudine tra i ragazzi e le ragazze e in particolare sono significativi i dati di quest’anno che riportano come il 22% tra gli adolescenti tema la solitudine, 18% tra loro ha paura di sentirsi alienato dalla vita reale.

Questi sono tutti aspetti che sono certamente emersi e che sono aumentati durante la Pandemia.

 

Secondo la vostra ricerca, il 76% tra ragazzi e ragazze considera il web un ambiente pericoloso. Cosa possono fare le istituzioni per migliorare le cose?

C’è molto da fare sul fronte della prevenzione e della tutela di chi purtroppo subisce violenza online (che si tratti di cyberbullismo, o reati commessi da adulti a danno di minori online). In questi anni abbiamo visto una crescente attenzione delle forze dell’Ordine nel contrasto a questo fenomeno, anche grazie alla collaborazione con i Social Network, ma secondo noi di Terre des Hommes non è abbastanza. Da parte delle piattaforme web dovrebbe esserci una maggiore collaborazione per facilitare l’individuazione, le indagini e le eventuali condanne a chi commette reati online a danno di minori.


Con un team di esperti giuristi abbiamo elaborato 5 proposte di riforma normativa che intendiamo presentare al Parlamento e al Governo per favorire anche dal punto di vista legislativo una tutela più effettiva delle vittime. Non possiamo accettare che a pagare le conseguenze peggiori siano dei minori.

La nostra proposta chiede alle piattaforme di istituire un canale di contatto per notificare la presenza di contenuti illegali o per qualsiasi altra comunicazione legale, e alle istituzioni di creare un’Autorità Garante dei Diritti degli Utenti della Rete e di Protezione dei Minori, per assicurare la rapida rimozione dei contenuti illeciti da parte delle piattaforme, sanzionandole quando questo non avvenga. Chiediamo inoltre che per le piattaforme sia obbligatorio collaborare con le istituzioni per identificare gli autori dei reati, che venga individuata con certezza la giurisdizione anche dei reati commessi via social, nonché la competenza territoriale (che deve essere determinata sulla base del luogo di residenza della vittima).

Con questi nuovi strumenti normativi, riteniamo, si potrà finalmente garantire un intervento più efficace della giustizia a tutela delle vittime di cyberbullismo, che spesso si sentono impotenti.


Nelle vostre iniziative, riscontrate nelle ragazze e nei ragazzi una consapevolezza del problema e il desiderio di risolverlo?

Decisamente sì, i ragazzi e le ragazze che partecipano all’Osservatorio Indifesa sanno riconoscere la violenza tra pari, il bullismo e il cyberbullismo, nelle sue diverse forme e sanno riconoscere i rischi della rete. Il 76% considera il web un ambiente non sempre sicuro, sanno che cos’è il Revenge porn, il furto di identità.

Hanno certamente desiderio di evitare e risolvere questi problemi, ma giustamente chiedono aiuto al mondo degli adulti. In primis alla scuola.


Dal vostro Report emerge anche una netta accusa dei giovanissimi al mondo della scuola, percepito come non abbastanza attento se non proprio indifferente al fenomeno del bullismo, incluso quello virtuale, e in generale al benessere psicofisico degli studenti. Cosa sta accadendo?

Esatto, solo il 5% tra gli adolescenti coinvolti nel nostro sondaggio ci dice che nel caso in cui assista a un episodio di bullismo si rivolge ad un adulto. D’altra parte, sia che ne siano vittime o meno, il 31,5% dei ragazzi e delle ragazze non parlano con nessuno di bullismo e cyberbullismo. Il 24% ne parla con amici, il 21% con la mamma (mentre solo il 3% ne parlerebbe col papà!), solo il 6% con gli insegnanti, solo l’1,42% ne parla con lo psicologo a scuola.

Inoltre, il 70% ci dice proprio che la scuola non fa abbastanza per contrastare questi fenomeni.

E quindi certamente la scuola deve e può avere un ruolo importante, ma quello che emerge è che in generale i più giovani chiedono di essere ascoltati dai loro adulti di riferimento.


Vuoi saperne di più sul tema del cyberbullismo e su come intervenire quando avviene? Leggi l’intervista che noi di Mister Credit abbiamo realizzato con Ivano Zoppi della Fondazione Carolina.