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Il gap di genere nel rapporto con il denaro: intervista alla fondatrice di “Pecuniami”, Aminata Gabriella Fall


Sappiamo tutti che nonostante i molti passi avanti compiuti negli ultimi anni, il gap di genere in tantissimi ambiti è lontano dall'essere colmato. Noi di Mister Credit abbiamo voluto interrogarci su un tema che da sempre ci è caro: quello della gestione del denaro e dell’accesso al credito.

In che modo la questione di genere influisce nel rapporto delle donne con i soldi, ad esempio per quanto riguarda credito e investimenti? Per rispondere a questa e altre domande, abbiamo intervistato Aminata Gabriella Fall, fondatrice di Pecuniami: un sito e un profilo instagram tramite cui, grazie a una ventennale esperienza in ambito bancario, fornisce alle donne preziosi consigli e consulenze sulla gestione delle proprie risorse.

Trova che nel rapporto con il denaro donne e uomini abbiano atteggiamenti diversi? E se sì, perché secondo lei?

Sì, c'è sicuramente un atteggiamento diverso. Non sono una sociologa, quindi non so dire esattamente le motivazioni. Quello che posso dire è che probabilmente uno dei fattori importanti è la comunicazione che da sempre viene effettuata riguardo al mondo finanziario. In molti ambiti, spesso si considerano gli uomini come buyer persona, come clienti di riferimento, e quindi la comunicazione viene effettuata allo scopo di rivolgersi a loro. Le donne ne sono escluse.

Se le mie iniziative di comunicazione si rivolgono a una buyer persona specifica, tutti gli altri è come se non le percepissero. Ed è quello che è successo in ambito finanziario, le donne ne sono rimaste fondamentalmente escluse, e questo è uno dei motivi che hanno fatto sì che ci fosse un rapporto diverso delle donne nei confronti dei soldi.

Poi occorre sottolineare che è passato il messaggio che il mondo degli investimenti e del denaro sia interamente legato ai numeri, e sappiamo benissimo che c'è un fortissimo gender gap su questa questione a livello scolastico, fin dai primi anni di età.

Il rapporto col denaro per gli uomini è molto più scontato, perché vengono inseriti fin da piccoli in questo flusso. Ci sono studi che dicono che i maschi hanno la paghetta e le femmine no, quindi talvolta sono proprio i genitori ad avere dei pregiudizi comportamentali, i quali creano dei gap di conoscenze che mettono le donne in una condizione di svantaggio. Esistono infine anche nei pregiudizi che si ripercuotono in età adulta legati all'idea che le donne non capiscano niente di numeri.

Le donne tendono ad avere un approccio più timoroso, insomma. Se poi aggiungiamo il fatto che spesso, quando una donna va in banca, le viene chiesto di farsi accompagnare dal marito o dal compagno per discutere di questioni di soldi, la frittata è presto fatta. Occorre interrompere questa catena di pregiudizi.

Succede persino a me. Mio marito non si interessa affatto di temi come, ad esempio, l'assicurazione, visto che io ho di gran lunga più competenze per farlo, eppure quando andiamo agli appuntamenti l'assicuratore parla sempre con lui. Io mi arrabbio, ma mettiamoci nei panni di una donna che non si occupa di questioni simili per mestiere, e si ritrova davanti a un assicuratore che non la guarda neanche in faccia. Come dovrebbe percepire il suo comportamento?

Quali sono le domande che le sue clienti le rivolgono più spesso?

Dipende. Ho delle clienti che si preoccupano soprattutto di questioni come gestire meglio il proprio denaro e farsi bastare quello che guadagnano. Io consiglio sempre di fare un budget e gestirlo, ma a volte la risposta è banalmente che devono guadagnare di più. Passa sempre il messaggio che bisogna gestire i propri soldi, risparmiare, ma ci sono delle situazioni dove oggettivamente stanno già facendo dei miracoli.

Altre clienti invece hanno dei risparmi da parte e vogliono investire. La domanda che mi fanno più spesso è: rischio di perdere tutto? Questo perché nei messaggi che arrivano distorti alla componente femminile quando si parla di investimenti c'è sempre l'idea che non esiste la diversificazione e che un investimento è una scommessa, quando invece ci sono vari gradi di rischio, di orizzonte temporale e via dicendo. Probabilmente anche a causa degli scandali che ci sono stati in passato, molte pensano che investire significhi mettere i propri soldi sul rosso o sul nero, con l'incognita di cosa accadrà poi. Questo ovviamente non è vero.

E trova che questa prudenza sia più specifica delle donne?

Più che di prudenza io parlerei di paura. Ma c'è anche un elemento di prudenza, dettato soprattutto dal fatto che percepiscono molto di più il valore del loro denaro, probabilmente perché faticano di più a guadagnarlo. Inoltre, sanno che molto spesso non c'è un piano B. Non solo il timore è dovuto a una mancata conoscenza del mondo finanziario, ma anche al pensiero che una volta finite quelle risorse, ricrearle non sarà facile.

E quali sono i desideri e gli obiettivi delle donne che la contattano?

L'obiettivo principale è essere serene nel lungo periodo. Viene prima l'acquisto della casa – che per noi italiani è tanto importante – e chi già ce l'ha o esclude categoricamente di comprarla pensa a garantirsi una vecchiaia serena: E quindi vogliono parlare di fondi pensione, soldi per quando avranno un’età più avanzata e cose di questo tipo.

Certamente una questione che le donne hanno percepito benissimo è quella del gap pensionistico, di cui si parla anche tanto anche sui social. È un tema che desta molta preoccupazione.

Parliamo di accesso al credito: quali sono le principali difficoltà che incontrano le donne?

Per rispondere a questa domanda riassumerò alcuni importanti studi scientifici, i quali ci dicono che nonostante le donne lavorino spesso in settori dove vengono pagate a vista, vale a dire subito (come negozi, uffici, centri estetici ed altri servizi), e non in quelli dove vige il credito a 30, 60 o 90 giorni, (come gli ambiti industriali), fanno molta più fatica ad accedere ai finanziamenti e alle linee di credito. E questo non solo in Italia, ma in tutto il mondo. A parità di impresa, gli uomini hanno molta più facilità ad accedere al credito. C'è un ampissimo gap a livello proprio sistemico.

E poi in molti casi le donne, sempre per il discorso che spesso viene loro richiesto di farsi affiancare da una figura maschile, hanno timore di entrare in banca e di chiedere. Ecco che quindi molto spesso utilizzano i loro soldi, ma non è detto che questi arrivino con il timing necessario per far fare un salto di qualità alla loro attività. E così perdono anche treni molto importanti nell'attesa di avere risparmiato abbastanza per fare il passo successivo.

La questione del credito è estremamente preoccupante, perché senza credito non c'è benzina da mettere nei motori delle attività, e quindi si innesca un circolo vizioso: le banche considerano le donne più rischiose, le loro attività non ricevono il credito necessario per crescere e quindi si ritrovano con un maggior rischio di chiusura.

E come mai secondo lei le donne sono considerate più rischiose?

Per il solito, classico motivo: la discontinuità lavorativa legata agli impegni familiari. Banalmente, se una parrucchiera va in maternità, o ha un salone già strutturato con una squadra di dipendenti, o sarà costretta a chiudere, anche solo per qualche settimana. E questo presupponendo che torni al lavoro subito.

Posso dare come esempio i salti mortali che ho fatto io. Scientemente io ho aperto l'attività al quinto mese di gravidanza, perché sapevo che avrei potuto comunque lavorare anche con una neonata. Ho quindi ripreso a lavorare pochi giorni dopo il parto. Ma non è né una cosa eroica né un esempio da seguire. Vivevo un insieme di circostanze che mi ha permesso di farlo in serenità.

Il mondo dei soldi però non prende in considerazioni questioni del genere. Viene semplicemente fatto di tutta l'erba un fascio e siamo tutte penalizzate.

Lei non è solo una preziosa divulgatrice, ma anche un esempio per molte donne che vogliono lanciarsi nel mondo dell'imprenditoria. Quali erano i suoi dubbi all'inizio? E cosa ha imparato lungo il percorso?

Devo dire che avendo lavorato per più di vent'anni in banca, sono arrivata al mondo dell'imprenditoria non tanto già con le competenze necessarie, ma soprattutto con un po' di self control. Sapevo dare la giusta misura alle cose e comprendere che molti problemi che appaiono insormontabili e sconfortanti a una persona alle prime armi, in realtà non lo sono affatto. Sicuramente l'esperienza precedente mi ha permesso di vivere in maniera più serena questo passaggio.

Alle donne che vogliono lanciarsi nel mondo dell'imprenditoria e magari cominciano da zero, con poche o nessuna esperienza lavorativa, consiglio di imparare a preservarsi, a dare appunto la giusta misura alle cose. Ovviamente ci sarà sempre una fase di coinvolgimento e, tra virgolette, di sofferenza, perché quando le cose sono nuove si fa fatica a mettere dei paletti. Ecco, in questo caso se hanno una o un mentore, una persona più esperta, è certamente meglio. È importante avere l'aiuto di una persona che sa, ad esempio, che la quotidianità è fatta di alti e bassi.

I miei dubbi all'inizio erano i dubbi che hanno tutti, soprattutto perché lasciavo un posto fisso anche di un certo livello. Mi chiedevo se stavo facendo la scelta giusta, se ce l'avrei fatta, se sarei riuscita a pagare il mutuo. Sono le domande che si pongono tutti, ed è giusto che sia così, un po' di adrenalina serve per darsi lo slancio per partire.

Per quanto riguarda ciò che ho imparato lungo il percorso, una delle cose più importanti è stata la conferma di un'idea che già avevo, e cioè che i successi non arrivano da un giorno all'altro. Tutti noi, qualunque sia il nostro lavoro, quotidianamente seminiamo e raccoglieremo non necessariamente in tempi brevi. La pazienza è fondamentale.

Poi, che i calcoli troppo ottimistici sono pericolosi. È meglio procedere con i piedi di piombo e tirare un po' indietro sulle previsioni e poi festeggiare perché si è ottenuto di più, che viceversa. All'inizio si tende ad allargarsi molto.

Viceversa, e l'ho visto in tante imprenditrici donne, non bisogna fare l'errore di limitarsi troppo. Occorre un po' di slancio.

E poi bisogna avere un forte controllo sui soldi. È di fondamentale importanza avere una corretta contabilità. E questo lo dico perché ho lavorato tanti anni nel credito deteriorato, e le aziende che erano più in difficoltà erano quelle in cui l'imprenditore era così lanciato nel fare l'imprenditore che delegava completamente la contabilità, spesso al commercialista, come se fosse un guru. Cosa che invece non bisogna fare. L'imprenditore, perché abbia il controllo della propria attività, deve avere il controllo dei soldi e dei flussi di cassa. Solo così potrà ragionare in maniera prospettica sugli investimenti e le spese da fare.

L'imprenditore deve saper fare anche un po' il lavoro del ragioniere. A ognuno il suo lavoro. Il commercialista si occupa di calcolare le tasse, tutto il resto è chi fa impresa che deve averlo sotto controllo.