Vai al sito Mister Credit

IL BLOG DI
MISTER CREDIT

Giovanissimi e uso della rete: come adulti, essere di buon esempio. Intervista a Sonia Montegiove


Con il ricorrere della Giornata contro il Bullismo e il Cyberbullismo (che cade ogni anno il 7 di febbraio), abbiamo voluto tornare su un tema che da sempre ci sta molto a cuore: quello del rapporto tra i giovanissimi e la rete. Come se la cavano ragazze e ragazzi nel mondo digitale? Sanno davvero utilizzare gli strumenti che maneggiano spesso per molte ore al giorno? E cosa può fare il mondo degli adulti per proteggerli dai tanti pericoli che quegli strumenti possono nascondere?

Ne parliamo con Sonia Montegiove, giornalista e informatica che ha fatto parte di un gruppo di esperti convocati dal Ministero dell'innovazione per individuare misure di contrasto all'hate speech, nonché autrice di libri tra cui "#gnomeide salvate le mamme e i papà" e "#gnomeide2 manuale di sopravvivenza ai social network", che vogliono aiutare i genitori a intraprendere percorsi di consapevolezza digitale insieme ai loro figli.

Secondo l'Atlante dell'infanzia a rischio in Italia di Save the children, i giovanissimi italiani passano troppo tempo online ma hanno poche competenze digitali. È davvero così? Ragazzi e ragazze (ma sempre più spesso si parla di bambini) sanno usare la rete?

Ci sono diverse ricerche che parlano dell’uso della Rete e dei social da parte di bambini e adolescenti attraverso i numeri, a volte anche con dati contrastanti. Quello che posso dire per la mia esperienza che deriva dagli incontri nelle scuole è che l’età in cui si inizia a usare lo smartphone si è indubbiamente abbassata molto, tanto da portare già diversi anni fa i pediatri italiani a dare consigli ai genitori circa l’esposizione a contenuti digitali al di sotto dei tre anni.

Se l’età si è abbassata è sicuramente aumentato il tempo trascorso online, tanto che in diversi casi ho sentito ragazze e ragazzi parlare di 14 ore di utilizzo di TikTok o Instagram o giochi online in una sola giornata. Casi estremi, forse, ma che mi hanno fatto riflettere.

A fronte di queste due certezze c’è il tema delle competenze digitali, date a volte per scontate da genitori e insegnanti che reputano i giovani “nativi digitali” e quindi in grado di usare al meglio le tecnologie in autonomia. Un mito da sfatare, perché sia adulti che giovani hanno necessità di leggere, approfondire, conoscere e, nel caso di ragazzi e ragazze e a maggior ragione di bambini e bambine, essere accompagnati, guidati, consigliati nell’uso di strumenti di comunicazione nuovi.

Del resto, anche per gli adulti il rapporto DESI dipinge una situazione italiana indubbiamente non rosea. C’è sicuramente molto da lavorare su questo aspetto e, se si può essere ottimisti, ci sono eccellenti iniziative mirate a colmare il gap di competenze digitali sia a livello nazionale e istituzionale che locale, e ideate da diverse organizzazioni della società civile.

Cosa cercano gli adolescenti nel mondo online?

Il cosa cercano credo dipenda molto dall’età, dal genere, dalle passioni che hanno. Generalizzare non è possibile. Ci sono ragazzi e ragazze che cercano il divertimento attraverso i giochi online; altri che – come abbiamo avuto modo di constatare fortunatamente durante il lockdown da Covid-19 – cercano la relazione con i pari, conosciuti e non; altri ancora si informano, leggono, imparano.

Non necessariamente dobbiamo pensare che i giovani non facciano un uso positivo dei propri dispositivi digitali. Andando nelle scuole esco spesso con la percezione che i giovani sono molto meglio degli adulti che, purtroppo, non è che siano sempre un buon modello, ad esempio nella loro modalità di comportamento sui social network.

E quali sono i principali pericoli a cui possono andare incontro?

I rischi sono molti e vanno dall’adescamento, al cyberbullismo, all’esposizione a contenuti non adeguati alla loro età, al sexting che purtroppo è molto diffuso ed espone al rischio di essere vittime di ricatti o di pubblicazione di contenuti che potrebbero mettere molto in difficoltà.

Personalmente credo che il pericolo più grande di cui preoccuparci come genitori o educatori è la possibile inconsapevolezza che a volte accompagna alcune delle loro azioni, che vanno dal riprendere, fotografare, condividere “con leggerezza”, pensando troppo tardi alle conseguenze delle proprie azioni. È su questo che non dobbiamo smettere mai di insistere, oltre che lavorare sulle conoscenze e competenze utili a limitare i rischi della Rete.

Come possono fare i genitori per assicurarsi che i loro figli abbiano le conoscenze necessarie per affrontare i rischi della rete?

Qualche anno fa, insieme a mio marito, scrivemmo due manuali [citati nell'introduzione a questa intervista, ndr] basati proprio sulle difficoltà vissute da genitori che non hanno strade già percorse e note da scegliere. Oggi i genitori si trovano a doversi confrontare con linguaggi, strumenti, modalità di interazione poco conosciute e figli che, a volte, fanno pesare la nostra “inadeguatezza” o la nostra minor capacità di usare il digitale.

Credo che i genitori non debbano rinunciare a fare gli educatori a prescindere dagli strumenti utilizzati dai figli, perché il cosa è opportuno o meno fare è e rimane sempre uguale, dentro e fuori dalle piattaforme. Inoltre, dovrebbero incentivare ragazzi e ragazze a partecipare alle diverse iniziative che scuole o altre organizzazioni mettono a disposizione, anche gratuitamente. Per esempio, io coordino una bellissima iniziativa del Cybersecurity National Lab, denominata Cybertrials e aperta alle ragazze delle scuole superiori che vogliono apprendere le basi della sicurezza informatica.

Insieme a Cybertrials il Laboratorio organizza altre iniziative gratuite aperte a ragazzi e ragazze, come le Olimpiadi nazionali della Cybersicurezza, Olicyber.IT. Sono percorsi di crescita, di acquisizione di nuove consapevolezze e contestualmente di gioco. Occasioni alle quali genitori e insegnanti possono guardare con interesse spingendo i propri figli a frequentarle.

Spesso quando si parla dei problemi che possono derivare dall'uso della rete si sente dire che internet è “solo uno strumento” - e quindi in un certo senso neutrale - e che quello che conta è come lo si usa. Lei è d'accordo?

Utilizziamo strumenti che sono progettati per “guidare” gli utenti su alcune scelte. Pensiamo a come gli algoritmi delle piattaforme social o anche gli stessi motori di ricerca ci propongono contenuti scelti al posto nostro in quanto vicini a quello che ci piace leggere e vedere. Occorre partire dalla consapevolezza che tutti noi, a prescindere dall'età in rete abbiamo una “libertà limitata”, per poter poi “smontare” fin dove possibile questi meccanismi per scegliere liberamente.

Parliamo di cyberbullismo e hate speech: oggi nelle scuole e in generale nella società, anche grazie ad esperte ed esperti come lei, se ne parla sempre di più rispetto a qualche anno fa, anche a seguito, purtroppo, di diversi casi di cronaca che hanno avuto un esito tragico. Le cose stanno cambiando per il meglio? Quanta strada abbiamo ancora da fare?

Credo che di strada da fare ce ne sia davvero tanta. E non parlo solo di educazione degli adolescenti. Se pensiamo all’hate speech, per esempio, sappiamo quanto gli adulti riescano su questo a essere pessimi esempi. Non per questo dobbiamo scoraggiarci e pensare che non riusciremo mai a cambiare lo stato delle cose. Io credo molto nelle tantissime iniziative che si stanno mettendo in campo per educare, formare, guidare all’uso corretto, etico, consapevole e sicuro del digitale.