IL BLOG DI
MISTER CREDIT
Tutti conosciamo la Dichiarazione universale dei diritti umani e la sua lunga storia, che comincia tra le barricate della Rivoluzione francese. Se l'idea che tutti noi siamo portatori di diritti inalienabili e universalmente validi in ogni parte del mondo è ormai ampiamente accettata (ma purtroppo non ovunque applicata), c'è chi si batte perché un simile principio sia esteso anche al mondo digitale, per renderlo, appunto, un luogo, per quanto virtuale, in cui tutte e tutti abbiamo dei diritti.
È questa la lotta che stanno portando avanti il Centro Hermes per la trasparenza ed i diritti digitali dell’uomo. Abbiamo intervistato Davide Del Vecchio, tra i fondatori del Centro e Chief Information Security Officer con alle spalle una lunga serie di importanti incarichi.
I diritti digitali dell’uomo sono un insieme di principi e norme che mirano a proteggere e promuovere i diritti umani nell'ambiente digitale. Non esiste una vera e propria lista completa di questi diritti ma sicuramente i principali sono:
Il centro Hermes porta avanti alcune campagne e iniziative di formazione per cercare di sensibilizzare e influenzare l’opinione pubblica ed i decision maker al fine di ottenere un cambiamento.
Un esempio delle campagne che abbiamo portato avanti negli ultimi anni sono la campagna “reclaim your face” (riprenditi la faccia) per cercare di vietare la sorveglianza biometrica di massa oppure la recentissima campagna per cercare di fare in modo che nell’AI Act (una proposta legislativa dell’UE che mira a regolamentare l’uso dell’intelligenza artificiale) siano rispettati i diritti dei cittadini.
Molto probabilmente il più violato, in senso lato, è il diritto alla privacy. Le conseguenze più comuni alla violazione di questo diritto sono la perdita di controllo dei dati personali (ad esempio sanitari, finanziari, preferenze personali, etc), l'aumento del rischio di frodi e crimini informatici come il furto d’identità, l’erosione della fiducia nelle tecnologie digitali, l’impatto emotivo e psicologico (ansia, senso di vulnerabilità, stress etc), danni alla reputazione e all’immagine personale…solo per elencare i più comuni.
L’intelligenza artificiale, come tantissime altre tecnologie, è uno strumento. Come tale può essere utilizzato in maniera positiva o negativa. Proprio per questo abbiamo portato avanti una campagna per cercare di influenzare l’AI Act di cui ho parlato prima, in maniera tale che l’utilizzo dell’AI rispetti sempre i diritti dei cittadini.
Generalmente le grandi aziende tech non vedono di buon occhio le regolamentazioni perché per loro ogni “regola” in più equivale spesso a rallentarli o imbrigliarli. Raramente le big tech chiedono ai governi una regolamentazione sulle tecnologie che stanno sviluppando e la maggior parte delle volte in cui lo fanno, è più un’attività di facciata che altro.
Ci sono sicuramente molti interventi che andrebbero adottati ma quelli più rilevanti sono:
Essendo le tecnologie, per definizione, “globali” questi interventi richiedono un approccio globale coordinato che coinvolga governi, aziende, organizzazioni della società civile e gli utenti stessi. Un obiettivo complesso, sfidante ma assolutamente necessario per proiettarci in un ambiente digitale che sia sicuro, equo e rispettoso dei diritti di tutti.
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