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Big data: cosa dicono di noi e come ci condizionano


All'inizio dell’anno, presidente dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali Antonello Soro ha parlato di big data e del pericolo che possono comportare per i cittadini.  “Le nostre democrazie appaiono più deboli”, ha dichiarato il garante. “In questa situazione si rischia di consegnare a poche multinazionali digitali non soltanto la supremazia economica, ma il potere di conoscere i fenomeni che possono governare e influenzare il nostro sapere”. Ma cosa sono i big data? Il vocabolario Treccani, che lo inserisce tra i neologismi, definisce big data come “ingente insieme di dati digitali che possono essere rapidamente processati da banche dati centralizzate.” Ad esempio, si tratta di tutti i dati che possono essere ricavati da ogni nostra interazione quando siamo connessi a internet o quando usiamo dispositivi elettronici (come le carte di credito): dalla geolocalizzazione alle applicazioni usate, dalla nostra cronologia di navigazione alle ricerche che facciamo su Google e ancora i contenuti che produciamo su social network o altri siti, comprese tutte le informazioni che non ci rendiamo conto di dare. Nonostante le opportunità che l’utilizzo dei big data può offrire, il rischio è che i cittadini siano profilati in maniera sempre più dettagliata e che perdano così potere sulle proprie scelte e sull’accesso all’informazione, che viene sempre più ristretto sulla base delle informazioni che le aziende raccolgono su di noi. Certi contenuti, semplicemente, diventeranno invisibili a noi. E questo è pericoloso. Per questo è importante essere consapevoli dei rischi che corriamo ma anche del diritto che abbiamo a proteggere la nostra vita privata. Ci sono strumenti per navigare in incognito e altri per tenere al riparo le proprie comunicazioni da sguardi indiscreti. Anche la crittografia è importante per difendere la nostra privacy.